4 domande a … Marco Moretto

di Alessandro Perrone


La squadra del ST Bassano Campione d’Italia 2013

Marco Moretto detto “Moro”, Maestro Nazionale del ST Bassano. A livello under 12-14-16 e’ stato uno dei migliori giocatori italiani, tanto da conquistarsi la convocazione per la nazionale e la possibilita’ di allenarsi nella struttura federale di Roma (centro CONI di Riano). Come giocatore ha raggiunto la classifica massima di B1, ha partecipato a vari tornei nazionali ed internazionali riuscendo a conquistare punti ATP sia in singolare (5) che in doppio (circa 30): disciplina, il doppio, dove lo ha visto primeggiare in molte manifestazioni.

Istruttore dal 1996 , ha collaborato un anno a Caldaro presso la scuola di  Massimo Sartori e poi dal 1997 torna alla St Bassano, il club dove è nato tennisticamente,  e da là non si è più spostato

Nel 2013, dopo anni di tentativi, in qualità di capitano, insieme a Marco Fioravanzo,  ha conquistato il primo scudetto di serie A1 della storia del circolo bassanese  battendo 4-0 il Circolo Canottieri Aniene nella finale di Rovereto.

Adesso è il Direttore dell’agonistica del circolo bassanese, facendo nascere, ogni anno, dei nuovi giocatori, che porteranno lustro, in futuro, a questo splendido circolo tennis.

“Moro” ci tiene a dire che il circolo ST Bassano, una piccola realta’ di provincia, e’ una delle poche strutture, nel nostro Paese,  in cui nella gestione dell’attività agonistica gli insegnati sono tutti provenienti dal vivaio del ST Bassano. Lo staff e’ formato da Moro, suo fratello Tommy, Marco Fioravanzo che sono cresciuti tennisticamente nel circolo da quando avevano 8 anni, e poi dai suoi allievi,  cresciuti nella scuola tennis bassanese, che hanno voluto intraprendere il lavoro di istruttore (Luigi Zitarosa, Tommaso Gabrieli, Francesco Salviato, Sara Secco, Mattia Bedolo).

Grazie Marco per la tua disponibilità a rispondere alle mie domande.

Come giocatore e come allenatore, ti piace il tennis di oggi? Se dovessi fare un analisi tra il modo di giocare del tennis di fine secolo scorso e quello di oggi, cosa potresti dire?

Il tennis di oggi a me non piace perché è diventato troppo fisico e ha tolto spazio alla fantasia: questo causato fondamentalmente dagli attrezzi moderni e quindi la differenza sostanziale tra il tennis di fine secolo dove che c’è stato un passaggio dalle racchette in legno alle racchette in grafite, dove ancora la fantasia, la mano, il talento contavano.

Adesso, come in tutti gli sport, d’altro canto anche nel calcio per vedere un dribbling o qualcosa del genere,  adesso si fa fatica. E il tennis non e’ una eccezione. Abbiamo questi giocatori sempre più prestanti fisicamente, che tirano sempre più forte, tirano delle grandi randellate da fondo campo e si fa fatica a vedere un serve & volley o una smorzata (per essere onesti le smorzate stanno tornando perché tanti non riescono più neanche a sfondare da fondo, quindi chiamano l’avversario a rete).

Però c’è poca fantasia, quindi se ti dico che devo guardarmi una partita di tennis in televisione, lo faccio solo perché per il lavoro che copro, che faccio, mi impone sempre di essere aggiornato, ma preferivo guardami un Mcenroe, Leconte, Edberg o Cash invece che un Medvedev, Sinner, Djokovic e company.

Se dovessi fare una classifica ideale tra i 5 giocatori che hai conosciuto e che hanno lasciato una impronta indelebile nel panorama tennistico, chi sceglieresti?

Io partirei a parlare di quei giocatori con i quali ho cominciato a guardare il tennis da piccolo che erano John McEnroe che è stato il mio idolo da piccolino: sicuramente lui e in quel periodo Bjorn Borg hanno dato una bella svolta al tennis.

McEnroe per il suo modo di giocare così estroso, così fantasioso e la sua partita era sempre una meraviglia, anche per i suoi atteggiamenti, quindi poteva succedere sempre di tutto. Invece Bjorn Borg, perché ha portato il rovescio a due mani, ha portato le rotazioni, ha portato il tennis a dei livelli fisici importanti: quindi sicuramente loro due, fin agli anni 70, inizio agli anni 80, hanno dato una bella svolta al tennis.

Poi, proseguendo, non posso che citare Andre Agassi e Pete Sampras. Andre Agassi perché è diventato il primo giocatore moderno, il primo contrattaccante da fondo e quindi ha aperto la strada a una generazione di giocatori che l’hanno seguito, come anche i giocatori di adesso, tipo Sinner.

E Pete Sampras, perché era un giocatore meraviglioso, un giocatore tutto campo, che sapeva fare tutto. Con i suoi 14 slam si pensava che diventasse l’unico giocatore a vincere questa quantità di slam.

E qui mi aggancio per citare i tre mostri sacri, Federer, Nadal e Djokovic, che ognuno per le sue caratteristiche hanno dato una svolta al tennis. Federer perché ha fatto amare il tennis a migliaia di persone, perché le sue partite di tennis non erano semplici match, ma arte applicata al tennis, per le sue movenze, la sua personalità, il suo modo di stare in campo.

Nadal ha portato all’estremo la parte fisica e Djokovic è un misto tra parte fisica e parte mentale, quindi loro tre sicuramente hanno portato il tennis a dei livelli pazzeschi.

Quanto conta, secondo te, nel tennis moderno, la componente tecnica, quella fisica e quella mentale?

La parte fisica è arrivata agli estremi, tutti i giocatori sono fisicamente preparati, tecnicamente giocano tutti bene, la differenza la fa la parte mentale e la parte tattica direi che non hai messo, che è la quarta componente che forma la performance tennistica. La parte mentale è quella che fa la differenza, ma anche tattica, perché adesso i giocatori sono molto simili, giocano a sfondarsi da fondo. Uno che riesce a interpretare bene tatticamente il match, secondo me, fa la differenza.

Fermo restando che è da parte mentale quella più importante, Djokovic insegna, quindi Djokovic non ha un colpo migliore di tutti quelli primi 30, 40 nel mondo, non ne ha uno, non ha un servizio migliore, non ha un dritto migliore, il rovescio sì è molto buono, però non ha un rovescio migliore di altri.

A rete non è migliore, però è il numero uno perché mentalmente è il più forte di tutti. E quindi la parte mentale è la parte più importante in assoluto.

Per quanto riguarda la componente tattica nel tennis, mi viene in mente la partita che ho visto alle ATP Finals l’anno scorso a Torino tra Djokovic e Rublev, dove sono partiti ed erano pari nei games, a un certo punto Djokovic che aveva giocato i primi games in spinta, contro un Rublev indemoniato (tirava più forte del serbo), ha iniziato a giocare il back di rovescio lento in incrociato e quella e’ stata la svolta della partita perche’ su quella palla Rublev non e’ riuscito piu’ a spingere come voleva: ne ha sbagliato qualcuno, e il russoè andato fuori giri.

Quella partita è stata decisa da una componente tattica di Djokovic

2013, Bassano Campione d’Italia? Le sensazioni di quella vittoria.

Lì è stato il coronamento di un percorso, un sogno. Un club di provincia piccolino come il nostro che arriva a vincere il campionato italiano di Serie A1 contro il Parioli, Aniene, CT Firenze, TC Genova. E’ come se il Sassuolo vincesse il campionato di Serie A di calcio. Stiamo parlando di cose che si ripetono poche volte nella storia. È stato bello perché noi siamo una piccola famiglia, facciamo tutto con grande passione, gli spazi e le strutture sono quelle che sono, ma siamo l’esempio vivente che è l’uomo che fa la differenza e non la struttura.

Ed è stato molto bello, ora quest’anno ricorre il decimo anno perché l’abbiamo vinta nel 2013, siamo nel 2023 e vorremmo anche fare qualcosa al circolo per ricordare quella cavalcata stupenda che è stata quell’anno. Che poi nel 2009 abbiamo fatto finale a Brà, poi abbiamo fatto un paio di volte semifinale, era un bel po’ di anni che ci andavamo vicini.

Ci ha fatto capire tante cose: di ritorno economico e di visibilità ci ha dato pochissimo, quindi dopo da lì in poi abbiamo iniziato a fare altre scelte che poi stiamo portando avanti ancora adesso, come quella di giocare con i nostri ragazzi, come stiamo facendo in maniera molto nobile e molto bene, anche domenica abbiamo vinto 5-1 contro il Sassuolo, bello.

Quell’esperienza è stata stupenda e ci è servita per capire altre cose.

 

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