Di Lorenzo Corleto
Se pensi a Dominic Thiem, pensi alla determinazione, alla caparbietà, al talento, all’eleganza mista alla potenza del suo rovescio ad una mano. A livello mentale, Dominator (così lo hanno battezzato felicemente i suoi fan) ha pochi rivali: può essere tranquillamente considerato alla stregua di mostri sacri come Nadal e Djokovic. Tutte queste peculiarità lo hanno portato a vincere 17 titoli ATP, tra i quali vanno ricordati sopratutto il Masters 1000 di Indian Wells del 2019 e, dulcis in fundo, la vittoria agli US Open del 2020, che lo ha reso il primo tennista nato negli anni ’90 (appartenente alla next-gen, per capirci meglio) a conquistare un titolo del Grande Slam.
Fondamentale è stato il contributo del suo coach Nicolas Massu, ex brillante tennista, che ha permesso all’austriaco di alzare decisamente l’asticella del suo gioco a partire dal 2019. Come abbiamo appena visto, infatti, i titoli più prestigiosi (e quindi l’apice della carriera) sono stati ottenuti nel biennio 2019-2020.
La superficie di gioco sulla quale il tennis di Thiem raggiunge il massimo livello è la terra rossa: ad ogni torneo, Thiem non è solo visto come il perfetto rivale di Nadal, re di questa superficie (l’austriaco l’ha infatti battuto spesse volte), ma anche come il più plausibile vincitore. Ciononostante, il suo tennis si adatta anche al cemento, un po’ meno sull’erba, dove fatica ad esprimersi al meglio.
Dopo la luce, il buio.
A partire dal 2021, Thiem ha invertito il senso di marcia, fermandosi solo al quarto turno degli Australian Open, non partecipando ai Masters 1000 di Miami e Montecarlo e perdendo appena al secondo turno a Roma contro Sonego. L’unica nota lieta è rappresentata dal raggiungimento della semifinale a Madrid, dove è stato sconfitto da Zverev (poi vincitore del torneo).
La debacle più recente, ed anche la più clamorosa, è la sconfitta al primo turno del Roland Garros contro lo spagnolo Pablo Andujar, che a Ginevra aveva anche eliminato Federer e quindi rovinato il suo ritorno in campo dopo mesi di assenza.
Grande merito va dato quindi ad Andujar, che a 35 anni ha trovato il momento più alto della sua carriera battendo, nel giro di due settimane, rispettivamente i numeri 8 e 4 del mondo, ma Thiem ha grandi colpe: sopra di due set, è riuscito nell’impresa di farsene rimontare tre, giocando un tennis “stanco” e poco incisivo e non riuscendo a sprigionare la potenza quasi proverbiale dei suoi colpi.
Thiem, che era dato tra i favoriti del torneo (dopo Nadal, si intende), esce dunque di scena assai prima del previsto, confermando il momento nero che sta attraversando, forse il più basso della sua ancora giovane carriera.
La prossima tappa è la stagione sull’erba: come detto precedentemente, non è la superficie di gioco che meglio si confà alle caratteristiche del tennis dell’austriaco, ma la storia ci insegna che i grandi campioni risorgono dalle ceneri quando tutto gira storto. E Thiem è uno di questi.
L’articolo originale puo’ essere trovato sul blog di Morion.it nella sezione “Morion e il Blog del Tennis” al seguente link