di Massimo D’Adamo
Le migliori affermazioni di Garbine Muguruza, hanno avuto nelle due Williams un crocevia obbligato. Era il 2016, quando la spagnola faceva suo il Roland Garros a spese di Serena e correva luglio dell’anno dopo allorché Venus le cedeva il passo verso la vittoria erbivora di Wimbledon.
Ai tempi, rapito dalle immagini delle due finali, così scrivevo su Match Point non senza un filo di entusiasmo: ‘Una bella novità dal tennis in rosa, che, vista la potenza, tanto rosa non è! Suonerà strano, ma Garbine Muguruza promette di essere il primo, vero ricambio generazionale. Della più giovane delle sorellone ha ereditato e messo a frutto il concetto di ‘primo colpo’ , aggiungendo di suo una mobilità che definire buona sarebbe irriguardoso. Raramente ho potuto rilevare in una giocatrice un impatto tanto corposo foglio di una gestualità tanto compatta’.
Il tennis, si sa, ama smentire e nei due anni successivi, la giunonica Garbine col viso da cartoon, ha fatto toccata e fuga al vertice del ranking wta e ha vinto altri cinque titoli senza, tuttavia, raggiungere quel dominio del gioco malamente da me pronosticato.
Poi arriva questa finale australiana in cui l’emotività ha finito per giocarle un brutto scherzo. Contro un caratterino come Sofia Kenin è andato in onda quel gap emozionale che di solito fa la differenza. La bella Garbine è entrata in campo con l’idea di non dare tempo al tempo portandosi a ridosso della palla con l’idea di farla a pezzi. Man mano, però, si è liquefatta e nel terzo parziale ha lasciato andare game quasi vinti e punti quasi chiusi per via di uno stato d’animo in fibrillazione.
Tuttavia, assolto il meritato plauso alla Kenin e con tutta l’incoerenza possibile rispetto a quanto andato in onda in terra d’Australia, torno a ribadire il mio rapimento per questa giocatrice che ancora una volta mostra di avere un tennis di prim’ordine. E non penso di sparare uno sfondone affermando che lavorando sul controllo emotivo ancora oggi, la Muguruza potrebbe riassumere quanto di meglio espresso dal tennis femminile negli ultimi anni: ritmo, spostamento e tecnica priva di dispersioni. Nel momento in cui le leadership WTA sono figlie più di algoritmi complicati che di qualità tecniche specchiate, ben venga la bella Garbine a dire la sua in tema di bel gioco. Insomma che dire, una bella figura che dalla beatitudine dei suoi 27 anni lascerebbe ancora intravedere una brillante carriera seguita a ruota dal caravanserraglio del tennis femminile.