di Massimo D’Adamo
Qualora andasse male col tennis vero, Nicholas Hilmy Kyrgios potrebbe sempre puntare su quello da prestigiatore. Un tennis ricco di ‘trick’ divertenti nascosti tra palla e racchetta, accolto dal grande pubblico con grande sollazzo.
Chi ha visto all’opera Mansur Baharani sa di cosa parlo. A chi ne ignora l’esistenza, invece, dirò che tramite web può ancora rimediare. Lui è un giocatore iraniano che non vedendo sbocchi nel suo paese, pensò, negli anni ottanta, di espatriare in Francia dove tutt’ora vive felicemente. In singolare non ha sfondato, limitandosi a zero titoli e al numero duecento del mondo. Meglio ha fatto in doppio arrivando tra i primi trenta con tre vittorie all’attivo. A dispetto dei risultati, tuttavia, gode comunque di grande fama per essere il tennista forse più divertente mai visto tra le righe di un campo. Bomba di simpatia, Mansur ha sempre adorato intrattenere il pubblico con veri e propri show.
Ne ha fatto un mestiere e, passata ampiamente la sessantina, continua a viaggiare 40 settimane l’anno per esibirsi in un tennis giocoso completamente al di fuori degli standard consolidati. I suoi cavalli di battaglia sono il passante sotto le gambe, il servizio dal basso e curiose movenze al rallentatore.
Nick Kyrgios, non arriva ancora a tanto ma è sulla buona strada. Col suo tennis sciué sciué, l’australiano fa pensare più a un incantatore di serpenti che non a uno dei più forti giocatori del mondo. E contro Chachanov, oggi, ha sciorinato il solito tennis da giocoliere, spalmato, per di più, lungo quattro ore e mezzo di grande mentalità. Irascibile, maleducato, sopra le righe…tutto quello che volete, ma anche ispiratore di buoni sentimenti perché privo di sovrastrutture, almeno fino a quando non la fa fuori dal vaso.
E di spontanea generosità, aggiungo. L’idea di donare , 200 dollari per ogni ace messo a segno, ha fruttato, solo oggi,soldi importanti per le vittime del fuoco, e anche se per un milionario non è il massimo, è pur sempre un bel gesto.
Non so se il finto cattivone abbia mai visto all’opera Baharani, ma tra i due scorre senz’altro una certa affinità elettiva. Ambedue sono portatori di una messaggio di leggerezza che sembra dire al resto del tennis : “ Signori non abbiamo inventato la penicillina. In fondo è tutto un gioco”.