di Roberto D’Ingiullo
Il Piccolo Principe anticipava già la risposta “E’ il tempo che hai dedicato a quella rosa che ha reso quella rosa così importante per te”. E noi quanto tempo abbiamo dedicato a Federer. Le cinque ore della finale di Wimbledon si aggiungono alle migliaia di ore passate in questi vent’anni a vederlo rincorrere una pallina con una racchetta in mano. Perché lo abbiamo fatto e lo rifaremmo? Semplice da capire se ci facciamo aiutare da un filosofo che ci ha salutato in questi giorni:” Il problema è che ci preoccupiamo di allungare la vita quando in realtà bisognerebbe allargarla.” Ecco, Federer – ed è cosa unica per un tennista – ha il dono di dilatare, allargare la dimensione temporale di chi lo guarda. Perché tra un Federer moment ed un altro, la tua vita scorre e ti sembra di vederla arricchita. Ho iniziato a fare nottate o a saltare lezioni da universitario per vederlo giocare. E continuo a fare nottate ora per vederlo (le lezioni non le salto più perché da professore non mi è concesso). E quando lo rivediamo giocare ci risentiamo l’entusiasmo e la vitalità di quando si è giovani e si vive quello che appassiona con un’intensità tale da sospendere il resto. È per questo che questo suo tramonto di carriera è benedetto :ci permette di allargare ancora un po’ le nostre esistenze. Ecco perché Djokovic rimane un fenomeno ma quando annuncia che vuole giocare ancora a lungo suscita lo stesso entusiasmo di quando un rompiscatole ti dice che per caso è in vacanza dalle tue parti e che potreste vedervi. È per questo che su Federer hanno scritto decine e decine di libri (maledetti.. Ne avessero scritti di meno, il mio avrebbe venduto di più.. ) mentre Djokovic il libro se l’è dovuto scrivere da solo ed ha la stessa monotonia del suo gioco