Annalisa Coltorti e Alice Volpi, vicecampionessa del mondo di fioretto 2017 a Lipsia.
di Alessandro Perrone
Non capita tutti i giorni di intervistare una atleta che ha dato tanto alla scherma e che adesso, anche se dietro le quinte, sta ancora dando tanto a questo sport.
Parlo di Annalisa Coltorti. Forse a chi pratica il tennis, questo nome non è così familiare, ma invece per chi pratica e segue il mondo della scherma, sa che dietro le medaglie d’oro, i mondiali, le olimpiadi dei fiorettisti c’e’ lei.
Direte “ma che c’azzecca con il tennis”? Leggete l’intervista e capirete.
Prima di tutto, grazie per aver accettato la intervista.
Grazie a voi
Quando sento parlare di interviste, fuggo sempre. Non mi piace la parola intervista, non sono molto social, che ne dici di chiamarla chiacchierata?
Direi intanto di cominciare a raccontarci la tua vita dall’inizio: dalla tua infanzia alla tua “carriera” agonistica a come sei arrivata ad essere la preparatrice vincente che sei?
Partendo da molto lontano, ho iniziato all’età di 6 anni per puro caso, mio cugino frequentava la palestra di scherma, mio zio era un appassionato di scherma, e mi hanno portato. A Iesi la scherma era ed e’ una tradizione, ha dato natali a tanti grandissimi schermitori. Secondo me non c’e’ nessun ragazzino di allora che non abbia fatto un passaggio nelle palestre di scherma della citta, e abbia preso un fioretto in mano. Allora Iesi era molto importante per il fioretto. Il fioretto a Iesi e’ passato di secondo piano dopo il Basket, il calcio, e la pallavolo che hanno calcato le scene professionistiche in questi ultimi anni, attirando molto i ragazzini in questi sport, togliendoli dal bacino potenziale del fioretto. Malgrado tuto, Iesi continua ad essere molto attiva nel fioretto, soffrendo tanto in quanto ci sono pochi iscritti e pochi fondi dalla federazione. Sinceramente all’inizio non e’ scattato il grande amore, ma anche data la mia altezza (sono alta 1,83, altezza che mi porto da quando ero piccola) ho cominciato a raggiungere ottimi risultati combattendo contro bambine della mia eta’ ma che erano decisamente piu’ basse, la mia altezza mi dava un valore aggiunto non indifferente in quei frangenti. Sono arrivati i primi risultati, e, come si puo’ immaginare, la passione ed il grande amore per la scherma e’ subentrato molto velocemente. L’agonismo ha sempre fatto parte della mia vita, anche tutt’ora, quando mi allenavo era normale scommettere una bottiglia di acqua, altrimenti non riuscivo ad allenarmi. All’età di 10-11 anni sono stata bloccata per una scoliosi e lì è stato il primo trauma da ragazzina, ho provato a fare pattinaggio, ma non era cosa per me, me ne sono accorta subito. Poi sono rientrata nel mondo della scherma, e a 15 anni sono entrata nel giro della nazionale, allora non c’era la divisione tra under 20 e Assoluti, c’era una unica nazionale, stavo con atlete molto piu’ grandi di me. Ho fatto le gare di coppa del mondo con loro, ero la più piccola (eravamo io e la Dorina Vaccaroni). Poi e’ arrivata la prima convocazione al mondiale assoluto, e qui una altra batosta, a una settimana dalla partenza ho avuto una lussazione alla caviglia che mi ha tenuto fuori 2 mesi.
Al rientro, sono passata dal fioretto alla spada, poiché era piu’ congeniale alle mie caratteristiche fisiche. E da lì sono nati i successi: Medaglia di bronzo ai mondiali di Denver, argento a squadre, medaglia di bronzo l’anno successivo. E’ stato un periodo intenso di successi il triennio 89-90-91 finche’ ho smesso.
Io odio volare, e queste trasferte sono state sempre una sofferenza, ogni volta che arrivava la convocazione mi prendeva il panico, ma finche’ c’era la voglia di raggiungere degli obiettivi, allora superavo questa paura dell’aereo. Poi quando questa voglia si è affievolita, ho deciso di smettere.
Feci l’ultima gara il giorno in cui e’ morto Giovanni Falcone, ricordo che il telegiornale diede questa triste notizia.
Dopo aver smesso sono stata in stand-by per un periodo abbastanza lungo, mi sono data al Bob-Kart per un paio di anni.
– E’ cambiata tanto la scherma da quando gareggiavi tu?
Sicuramente sono cambiate le formule di gara, prima c’erano i gironi, le eliminazioni dirette con il ripescaggio, ora se sei fuori dai 16 fai un girone che poi ti porta in un tabellone da 64, se sei nei primi 16, entri direttamente nel tabellone “Main Draw” come si direbbe nel tennis.
La tecnica e’ stata cambiata perche’ e’ stato cambiato il tempo di accensione degli apparecchi, quindi si e’ dovuto cambiare qualche cosa. Pero’ la tecnica di base e’ sempre quella, cioe’ quella usata all’interno di ogni club, che dipende molto dalla tecnica del maestro che insegna nel club. Modifiche regolamentari per adeguarsi alla tecnologia.
A livello fisico e’ cambiato notevolmente, ora abbiamo una scherma fisica oltre che tecnica: prima era molto tecnica e poco fisica. Prima 70 % tecnica e 30 % fisico, mentre adesso possiamo dire che il differenziale delle percentuali si sta sempre piu’ affievolendo. Ora un atleta preparato bene atleticamente puo’ ottenere buoni risultati anche se poco dotato tecnicamente, cosa che non era possibile 20 anni fa. Questa cosa non e’ propria solo della scherma, ma di tutti gli sport.
La scherma necessita di una ottima preparazione atletica, se uniamo talento e preparazione atletica adeguata vediamo uscire i veri campioni.
Che cosa spinge ad insegnare uno sport che si è praticato con passione? La stessa passione?
Si’, la scherma e’ stata ed e’ la mia vita. Le mie giornate si svolgevano tra scuola e palestra. Ti entra dentro e non ce la fai a uscire fuori. Quando ho terminato la mia carriera agonistica ho staccato per motivi miei, psicologici, ma poi il richiamo c’e’ stato. Appena finito l’ISEF, Valentina (Vezzali) mi propose di allenarla, ho accettato la sfida e da quel giorno sono sempre nel mondo della scherma. Per me è impossibile pensare di stare senza la scherma. Ma non sono arrivata nel giro della nazionale come allenatrice subito, ci arrivai nel 2008, senza chiedere niente, nonostante lavorassi con campioni come la Valentina Vezzali e Elisa De Francisca, tutto avvenne quando Cerioni prese la responsablita’ del settore femminile della nazionale oltre a quello maschile, il preparatore che lo accompagnava, che e’ Maurizio Zomparelli, non riuscendo da solo a gestire le due situazioni, suggerì di chiamare me, e questo e’ stato un inizio senza interruzioni. Il CT Cipressa mi ha riconfermato, e si va avanti con i successi che ci sono stati in questi anni. Ci sono stati momenti difficili, ma io ho sempre pensato ai miei ragazzi.
Il tuo rapporto con il tennis?
Io ho giocato al tennis, e mi e’ sempre piaciuto molto, ho fatto anche dei tornei. Ma quando facevo i tornei avevo “il braccetto corto”. Giocavo al circolo cittadino di Iesi di solito con una mia amica, e quando vincevo per una settimana passavo sotto casa sua dicendole ad alta voce il punteggio dell’incontro. Il tennis e’ bello, ma io amo tutti gli sport tranne uno, il calcio.
Adesso andiamo all’argomento che accomuna i nostri due sport. Raccontami come e’ stato il tuo incontro con Salvatore Buzzelli e i suoi strumenti.
Io sono sempre stata attratta dai lavori attentivi, già a livello artigianale avevo costruito in palestra una sagoma con delle luci che si accendevano, avevo fatto fare da un elettricista 4 luci che accendevo con un interruttore, poi ho cominciato a navigare su internet ed e’ venuta fuori questa apparecchiatura. Ho subito pensato “Cavolo, questa e’ quella che cerco”!! Ho provato a contattare salvatore, ma non riuscivo a parlare con lui, telefonavo e mi rispondeva una azienda, e poi dopo un po’ di tempo ho abbandonato l’idea del sensobuzz. Poi un giorno il maestro Meri che faceva parte dello staff della nazionale (il maestro di Cassarà), parlando del piu’ e del meno, mi ha detto che lo conosceva. E mi ha messo subito in contatto con Salvatore. La settimana dopo eravamo a bologna, ci siamo trovati e da li’ e’ scattato il feeling. Ho visto la sia mitica cantina degli strumenti che ha costruito, ho parlato con lui, dei suoi studi.
Mi sono trovato di fronte a una persona che sa, il numero uno, che se gli vai a genio ti sa dare e ti dà tanto, ed e’ nata subito questa fortissima amicizia. Io avevo trovato l’attrezzo che mi serviva, avevo trovato la persona che nel bene e nel male era in grado di togliermi tutti i dubbi che nella nostra professione ci attanagliano tutti i giorni, e quindi la persona competente a cui puoi confidare questi dubbi. Lui per me è un grande, non solo per la disponibilità che mi da, a soprattutto perché è uno che sa. Cosa posso dire di uno che ha affiancato Bosco per 10 anni?
Cosa usi? Il SensoBuzz o il Polifemo? Le atlete che lo usano sono contente e hanno trovato giovamento da questo strumento?
Io li uso tutti e due, ho preso prima uno, e poi, subito dopo l’altro. Quando ho la valigetta in mano mi sento “figa”, i ragazzi un po’ meno, quando mi vedono con questa valigetta mi dicono, ovviamente in tono ironico, “nooooo, ma chi ti ha fatto conoscere questo Buzzelli”, perche’ si fa fatica, ma alla fine i risultati si vedono. Alleniamo tutto, perche’ non dobbiamo allenare l’attenzione, una attenzione “dinamica”, metabolica. E poi salvatore mi ha mostrato una percentuale molto importante, cioè che il 70 % dell’energia viene utilizzata per l’attenzione.
Il valore aggiunto di Salvatore rispetto agli altri che millantano apparecchiature di vario genere, e’ che lui ha 40 anni di dati, dalla cui analisi e’ scaturita la sua conoscenza della materia, e che gli hanno permesso di brevettare apparecchi quale il sensobuzz.
Le tue atlete cosa pensano quando usano il sensobuzz? Si divertono?
Direi di si, ma tutto dipende come gli metti gli esercizi. Vedo che si lamentano perché è faticoso, specialmente a livello mentale. Addirittura con Salvatore ogni tanto facciamo le prove degli stessi esercizi con e senza lucette, e il risultato e’ nettamente diverso. Io mi trovo benissimo, quando posso lo inserisco nei miei circuiti, e i risultati alla fine si vedono.
Il sensoBuzz e’ un apparecchio nato per mille scopi. Tutto sta a come noi lo usiamo. A Salvatore, quando ci siamo conosciuti, gli ho detto “l’idea che c’e’ dietro al sensobuzz e’ semplice, ma allo stesso tempo è complessa nella sua semplicità.
Se dovessi dare un consiglio a chi vuole cimentarsi con la scherma o con qualsiasi altro sport a livello agonistico, cose ti sentiresti di dirgli?
Io consiglierei “DI FARE SPORT”. Io ho avuto la fortuna di avere dei genitori che amavano lo sport e hanno sempre insistito affinchè io facessi sport sia per evitare di girovagare per le strade senza fare nulla, ma soprattutto per quello che lo sport puo’ dare alle persone. Io vedo la differenza dei ragazzi che fanno sport da quelli che non lo fanno. Hanno tutta una marcia in più, hanno degli obiettivi, hanno degli interessi. Ragazzi che fanno sport, si guardano indietro, e vedono che hanno fatto qualcosa. Per non parlare dei benefici alla salute dello sport. Poi pero’, c’e’ un neo dolente, i genitori, che possono rovinare questa bella favola, perche’ alcuni genitori credono di avere il campione in casa, e vogliono che il giovane subito vinca, e lì vedi il ragazzino che reagisce ai genitori impegnandosi di più, o il ragazzino che scappa. Quindi hai perso un atleta che si rifiuta di fare sport, per le troppe aspettative dei genitori. Bisogna comunque che anche nei club si cambi modo di pensare, non bisogna commisurare tutto nei risultati specialmente quando gli atleti sono molto piccoli. Si tende cosi’ a costruire non piu’ degli atleti, ma dei nevrotici, e questo non va bene. Bisogna fare sport all’inizio per divertirsi, devi imparare la tecnica, ma soprattutto devi imparare a divertirti. Bisogna tenere conto che la voglia di ottenere risultati in breve tempo cambia le linee e i programmi di allenamento degli atleti. Lì sbagliano gli insegnanti che si fanno prendere la mano, proprio perche’ salti degli allenamenti e dei periodi in cui magari devi lavorare su altre cose, come per esempio la mobilita’ o l’attenzione o la costruzione fisica dell’atleta. Si saltano di pari passo quei periodi per arrivare prima alle gare.
Dobbiamo dire che molte volte non e’ facile preparare delle “lezioni” di preparazione atletica personali per ogni atleta, in palestra ci sono molte piu’ persone, e ciascuno con le proprie caratteristiche da mettere a posto. L’ideale sarebbe di avere 4 persone simili e lavorare con loro, ma e’ una cosa che non e’ gestibile da una palestra o da un club.
Ti ringrazio per il tempo che hai dedicato a questa intervista. Ti auguro di portare tante altri atleti al vertice delle competizioni nazionali ed internazionali. Abbiamo tanto bisogno di persone come te nella scherma ma in tutti gli sport.
P.S. La atleta Alice Volpi, vice-campionessa del mondo di fioretto e una delle tante campionesse allenate da Annalisa Coltorti, ha avuto la nomination della Gazzetta dello Sport come “Donna dell’anno”, con la motivazione “Ha vinto ai Mondiali di Lipsia, alla prima partecipazione, l’argento individuale e l’oro a squadre. Ha così realizzato le attese che da quando è ragazzina la indicano come una delle speranze del fioretto azzurro con un oro, un argento e due bronzi conquistati ai Mondiali giovani e cadetti tra 2009 e 2012.”. Vogliamo aiutarla a vincere questo prestigioso premio? Dobbiamo votarla andando al seguente “Alice Volpi Nomination per Donna dell’anno”