Fiabe a Wimbledon

Fiabe a Wimbledon

di Massimo D’Adamo

 

…..dopo di lui?

La prima settimana in Church Road, rimanda, ancora una volta, alla fiaba di un re vestito di bianco vicino ad abdicare ma ancora felicemente regnante. Scalzato nella gerarchia della fredda classifica, Roger I di Basilea, sopravvive, più arzillo che mai, per la gioia di un popolo sterminato che lo considera unico e irripetibile.

Ma l’età c’è e il pensiero del ‘dopo’ prende corpo via, via che i tornei scandiscono impietosi lo scorrere del tempo. E anche se l’avanzata erbivora da Halle a Londra restituisce al mondo un fuoriclasse in buona salute, l’idea della successione inizia a serpeggiare. E ci si interroga su chi potrà incarnare un gioco tanto artistico da poter ambire agli onori di un museo alla stregua della Gioconda o della Venere di Milo. Si pensa a chi potrebbe raccogliere la pesante eredità e alla piega dinastica più acconcia da succedere al sovrano! Toccherà a un moderno randellatore o sarà piuttosto un cultore un po’ vintage del serve and volley a raccogliere lo scettro? Il gradimento ha tempo per spaziare anche se le grandi folle sembrano assai inclini a un cesellatore a tutto campo.

E nella nuvola di supposizioni affiorano anche certezze: l’erede dovrà avere comunque grande dignità, talento da vendere e portamento regale da bucare il video: qui non si tratta solo di scalare il ranking ma di salvare il tennis dalla noia!

Fosse stato Dickens a scrivere il seguito della fiaba, avrebbe fatto del successore un bel giovane dall’infanzia negata al quale, dopo lunghe traversie, si schiude la porta del successo a suon di ace. Dalla penna di Perrault, invece, il pretendente avrebbe avuto fattezze di uno sfigato Pollicino che vive il riscatto grazie a caparbietà e furbizia. Meglio i fratelli Grimm che tagliando corto sarebbero andati dritti sulla figura di un principe vincente, saltando a piedi pari Biancaneve.

Di fronte a un tennis ricco di denari ma povero di poesia, gli scribi moderni azzardano quali pretendenti, eroi dalla combattività rabbiosa come Nadal o Djokovic e ipotizzano in lontananza giovani di belle speranze come Thiem o Zverevev . Figure di spicco ma poco inclini alla magia di un Re che per lungo tempo ha disegnato traiettorie stellari facendo dei colpi una sfilza lunghissima di rime baciate.

Come ricordare, dunque, il passaggio storico di un monarca tanto amato? A molti basterebbe l’iscrizione in qualche albo d’oro e il riconoscimento di un pass vita natural durante. Un privilegio non da poco rispetto ai comuni mortali in fila al botteghino, ma poca cosa per quel sovrano che anche quest’anno sembra condividere con i Windsor l’amore dei 14.000 sudditi assiepati nel magico Centre Court. Ci scappasse anche la vittoria sarebbe l’apoteosi e dal Royal Box arriverebbero sorrisi sinceri, sacrificando volentieri anche il buon Murray, britannico a parole scozzese nell’anima.

E siccome le fiabe finiscono sempre per salvare capra e cavoli, l’epilogo potrebbe essere che in futuro, accanto al vincitore di ogni Major, troverà spazio un simbolico punto interrogativo come a dire: ….e se ci fosse stato Lui? Sarebbe un bel gesto verso Roger I da Basilea e il suo grande popolo vivrebbe felice e contento!

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